Menu vegetali e mense scolastiche

Mese: Gennaio 2022

Richiedere un menu vegetale a scuola può sembrare un’impresa impossibile per le famiglie che hanno scelto questo tipo di alimentazione anche tra le mura di casa.
Gli ostacoli che i genitori si vedono talvolta sollevare sono tali da far desistere, a malincuore, anche i più motivati.
Con questo articolo, vogliamo dare consigli e indicazioni pratiche che si sono rivelate utili negli anni per far ottenere un menu vegetale senza particolari intoppi ai nostri piccoli pazienti pazienti.
Per quanto in salita la strada possa sembrare, ricordate sempre una cosa.
Spesso il rifiuto non è dovuto a malafede o pigrizia della scuola o del servizio di catering, ma semplicemente dal fatto che la vostra è la prima richiesta di menu vegetale che ricevono, e non hanno un’alternativa senza derivati animali ai menu proposti di default ai bambini onnivori.
La vostra pazienza e le vostre gentili insistenze volte a ottenere il menu vegetale che spetta ai vostri figli faranno quindi da apripista per tutti i genitori che, dopo di voi, ne faranno richiesta.

Come si richiede un menu vegetale alla propria scuola?
Dipende, ogni istituito ha la sua modulistica.
Nella maggior parte dei casi, all’atto dell’iscrizione, la scelta di un menu speciale per motivazioni etiche, religiosi o culturali la si fa barrando un’apposita casella.
Se così non fosse, basterà mandare al dirigente scolastico e alla segreteria una mail esplicitando la vostra richiesta.
Nel caso la scuola (o il servizio di catering) abbia già affrontato situazioni simili, vi manderanno una copia del menu vegetale che hanno a disposizione (parleremo più avanti della qualità del menu).
Se i vostri figli sono i primi ad avere questo tipo di esigenza, il menu vegetale viene redatto dai dietisti del servizio catering, sia privato che comunale, e trasmesso ai genitori.
L’abitudine di scaricare i costi della pianificazione di tale menu sui genitori, che dovrebbero quindi pagare di tasca loro un professionista della nutrizione, è tanto comune quanto deprecabile.
I genitori di bambini che seguono un’alimentazione vegetale pagano infatti le tasse o le rette scolastiche al pari di tutti gli altri.
Dire al genitore “mi dica un po’ lei cosa fa da mangiare a suo figlio e mi prepari un menu” è però ancora peggio. Ma sappiamo che succede anche questo.
Un documento da tenere a portata di mano, in questi casi, è quello delle Linee guida ministeriali per la ristorazione scolastica , che recitano testualmente:

Gli standard del servizio, il diritto all’accesso anche per utenti con particolari esigenze sanitarie ed etico religiose, vanno mantenuti e definiti in ogni livello gestionale. […] Vanno assicurate anche adeguate sostituzioni di alimenti correlate a ragioni etico-religiose o culturali. Tali sostituzioni non richiedono certificazione medica, ma la semplice richiesta dei genitori.”

A proposito di certificato, non è insolito che venga richiesto per poter fare richiesta di menu vegetale a scuola.
Tale richiesta è però non necessaria e del tutto ingiustificata, sebbene comprendiamo che per quieto vivere e se il proprio pediatra è collaborante si fornisca un foglio di carta completamente superfluo.
La non necessità di un certificato medico per fare richiesta di menu vegetale, così come di un’assunzione di responsabilità da parte dei genitori, è ribadita dalla Nota Ministeriale 0011703 del 25 marzo 2016 .
Nell’ultimo aggiornamento delle Linee guida ministeriali per la ristorazione scolastica, è ulteriormente ribadito questo concetto (trovate qui la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale ).

Veniamo ora ad un altro annoso tema.
Il menu vegetale viene accordato, ma mentre gli altri bambini pasteggiano a suon di ravioli, lasagne e polpette, per i vostri figli è prevista pasta in bianco o al pomodoro e legumi lessi rovesciati sul piatto direttamente dal vasetto. Gli altri bambini si gustano il gelato una o due volte al mese a fine pasto, mentre i bambini con menu vegetale possono contare al massimo su una purea di frutta precotta.
Da un punto di vista nutrizionale sarà anche adeguato, da un punto di vista dell’appetibilità meno.
Come agire in questi casi?
Farlo presente pacatamente ed educatamente, ma in modo continuativo, con telefonate e mail a cadenza settimanale al servizio che si occupa del catering si rivela spesso la scelta migliore per cambiare le cose.

Legumi e gonfiore

Mese: Gennaio 2022

I legumi sono, tra tutti gli alimenti proteici, quelli associati a maggiori benefici per la salute e ad un minore impatto ambientale.
Come mai allora non sono consumati da chiunque almeno una volta al giorno?
La risposta sta in un disagio molto comune che segue la loro assunzione, ma del tutto sormontabile: il gonfiore.

Questo fenomeno, del tutto innocuo e in parte atteso quando si inizia a introdurli con regolarità nella propria alimentazione, può portare all’instaurarsi di un circolo vizioso difficile da spezzare.
Si mangiano i legumi.
I legumi gonfiano.
Quindi si evitano in toto, o li si sceglie sempre più raramente.
La volta successiva che, dopo diverso tempo, se ne mangerà qualche cucchiaiata questi gonfieranno ancora di più e la convinzione di “non poterne mangiare perché danno fastidio” diventa ancora più radicata, portando a un consumo sempre minore.
Cerchiamo di capire come mai questo avviene, ma soprattutto come risolvere il problema per poter beneficiare più spesso della fonte proteica più vantaggiosa che esista.

La nostra flora batterica intestinale è lo specchio di quello che mangiamo.
I diversi alimenti possono influenzare la sua composizione sia in positivo che in negativo, con effetti che si vedono anche dopo pochi giorni.
Se i legumi finiscono sulle nostre tavole un paio di volte l’anno, i batteri in grado di digerirne le fibre più “impegnative” restituendoci preziosi acidi grassi a catena corta saranno meno rappresentati.
La conseguenza?
Queste fibre non verranno gestite e smaltite nel modo corretto, perché manca il “personale” addetto ad occuparsene, e causeranno la produzione di gas e dolorosi crampi.
Se invece l’esposizione ai legumi (e soprattutto alle loro bucce) è costante, con il passare del tempo le specie batteriche in grado di farsene carico saranno sempre più.
E il disagio associato al loro consumo non sarà che un ricordo lontano.

Come ridurre però il fastidio mentre si cerca di raggiungere questo equilibrio?
Ecco qualche consiglio.

  • Cominciate con i legumi decorticati: lenticchie rosse, piselli spezzati, fave e cicerchie. La maggior parte delle fibre che causano gonfiore in intestini non allenati si concentra infatti nelle cuticole dei legumi, assenti in quelli decorticati. L’alternativa “casalinga” è sbucciare a mano i legumi prima di consumarli, oppure passarli in un passaverdure.
  • Non esagerate con le quantità, magari per paura di non assumere abbastanza proteine: 30-grammi di legumi secchi a pasto sono sufficienti, per iniziare, se non siete abituati a consumarli quotidianamente.
  • I legumi in farina, in pasta e frullati risultano più facilmente digeribili. Una grossa parte del lavoro di rottura delle fibre è infatti già stata compiuta.
  • Un prolungato ammollo dei legumi, così come la cottura insieme a foglie di alloro, semi di finocchio e alga kombu (che andranno poi rimossi) possono limitare il gonfiore dei primi periodi.

Nota importante: nel caso il gonfiore che consegue all’assunzione dei legumi non sia un fenomeno passeggero ma venga inquadrato all’interno “Sindrome dell’Intestino Irritabile”, andranno prese altre misure aggiuntive, sia per quanto riguarda gli altri gruppi alimentari e l’aggiunta di eventuali cure di fermenti ad hoc.
Non è assolutamente necessario, però, per la sua gestione inserire obbligatoriamente cibi di origine animale o azzerare l’assunzione di fonti proteiche vegetali, tanto anche in caso dieta vegana questa può essere proseguita senza problemi.
Se questo fosse il vostro caso e aveste bisogno della guida di un esperto, gli specialisti del reparto dietologia di Plant Based Clinic sono a vostra disposizione per consulenze in telemedicina.

Grattugiato vegetale

Mese: Gennaio 2022

La spolverata di formaggio stagionato sui primi piatti è un’abitudine comune a molte persone nel nostro paese.
Oltre a una buona dose di sapidità e un piacevole retrogusto umami, questo gesto porta però con sé delle criticità per la salute se ripetuto ogni giorno per tutta la vita – a maggior ragione se non vi è un minimo di consapevolezza sulle quantità di formaggio stagionato utilizzato.
Oltre a calcio e proteine (presenti comunque anche in altri gruppi alimentari  di origine vegetale) parmigiano, grana e pecorino aggiungono ai vostri primi piatti colesterolo, grassi saturi e sale, triade che alla lunga può aumentare il rischio di patologie cardiovascolari e metaboliche.
E se esistesse un’alternativa vegetale ricca di fibre, a colesterolo zero, senza grassi saturi e ricca di preziosi nutrienti?
La si potrebbe spargere sugli spaghetti con molta più leggerezza d’animo (e non solo!)

Ingredienti per un vasetto

  • 160 g di anacardi
  • 30 g di lievito alimentare in fiocchi
  • 20 g di pasta di miso
  • La punta di un cucchiaino di aglio in polvere (opzionale)

Frullate tutti gli ingredienti in un potente mixer da cucina. Si conserva in frigo per diverse settimane all’interno di un contenitore a chiusura ermetica.